Come nasce il Sound Tribe? Non è solo il nome di una scuola di musica

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Nell’incontro con i giovani studenti a lezione, è stato facile comprendere che i nuovi adolescenti hanno capacità diverse rispetto a pochi anni fa e che, per questo motivo, necessitano di modalità di apprendimento
Sono i ragazzi dell’era digitale: ci sono nati, la amano, la consumano e la producono.
Per un uomo che vive diversamente il proprio corpo, bisogna trovare nuove soluzioni.
Nella concezione didattica M.A.D, allenare capacità non significa addestrare.
Per poter intervenire in tal senso, in principio ho seguito innanzitutto le mie intuizioni perchè
nella musica moderna la coordinazione motoria, la velocità di reazione, l’elasticità fisica e mentale, sono tutti elementi necessari al gesto musicale di successo.
I nostri laboratori di musica d’insieme sono spesso formati da organici completamente atipici (3 batterie, 5 chitarre, 8 cantanti, 4 pianisti), in ensemble che possono arrivare fino a 20 persone e in cui s’impara ad esprimersi all’insegna dell’opportunità e del beneficio comune.

Sembra incredibile, ma un batterista non suona mai con un altro batterista e questo vale per quasi tutti gli strumenti diversi dalla voce.
Condividere all’interno di un gruppo la propria posizione con un musicista che suona il tuo stesso strumento, ad esempio, già costringe ad una de-programmazione motoria, un riassetto immaginativo e, sopra ogni cosa, una liberazione dall’ovvio, dal pregiudizio di fare una determinata azione, non perché sia opportuna e necessaria, ma perché si è schiavi di una abitudine pre-riflessiva.
La conclusione che ne traggono tutti è rivoluzionaria: si può e si deve fare musica sempre, anche quando si studia.

“Muoversi insieme significa pensare insieme”

Da ex sportiva so che per imparare ad abitare il corpo è necessario fare esperienza attraverso il movimento, per acquisire il senso delle parti implicate, una buona coordinazione motoria.
È importante fare tutto in movimento, non uno qualunque, ma quello necessario perché più utile.
Mi sono dedicata per anni all’approfondimento di tecniche corporee prese in prestito dalle arti marziali e attingendo da molte altre discipline, capoeira compresa, per poter riaccendere la macchina-corpo dei giovani musicisti.
Utilizzando il movimento sempre combinato con il respiro, aumentando la coordinazione tra il corpo e la voce, la body percussion, il canto e le percussioni, anche la mente è più aperta all’immaginazione sonora. Sembra incredibile ma per molti ragazzi il gesto vocale è relegato ormai ad una performance riservata ai cantanti, facendo perdere al canto ogni connotato di istinto naturale.
Se non in gruppo, tutti hanno vergogna di emettere suoni.
Spesso è proprio il fattore ludico che sveglia l’attenzione dei ragazzi che, nel gioco, perdono il senso della stanchezza, sia fisica che cognitiva, e lavorano meglio e più a lungo.
I primi tempi in cui ho proposto questi lavori molti studenti erano alquanto straniti da questa modalità di lezione a cui appellativi come “l’ora di motricità” o di “educazione motoria musicale” o ancora, di “rieducazione al ritmo”. Il risultato è comunque impressionante.

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Una semplice classe di armonia si trasforma in un coro di ballerini, che creano armonizzazioni spontanee mentre memorizzano scale e accordi, trasformandoli in parole di una canzone non scritta.
Nel tempo gli esercizi si sono complicati e definiti meglio, per livelli di esecuzione e per difficoltà, e così dai tempi pari siamo passati ad organizzarci su quelli dispari, vocalizzando, battendo le mani, muovendosi a destra e a sinistra, fisicizzando le varie clavi, a varie velocità.
Era inevitabile che arrivassimo a muoverci tutti insieme cantando liberamente.
A volte è una sola vocale ad essere utilizzata, altre volte solo numeri in varie lingue, altre volte si passa dalla libera sonorizzazione su una griglia ritmica, fino ad arrivare all’armonizzazione vocale di brani piuttosto complessi tra quelli del repertorio del Contemporary Gospel.
I ragazzi avevano la necessità di connotare quello strano allenamento cercando una definizione specifica, avevo la necessità di dare una dignità di allenamento musicale perché gli sembrava che quella lezione uscisse troppo fuori dagli schemi dei percorsi di studio in vigore nelle scuole di musica.
Il fatto che non avesse un nome però, non gli consentiva di condividere quella esperienza al di fuori dell’aula.
Le parole sono delle etichette che hanno il potere di cambiare la percezione delle cose ed ho pensato che il nome di Sound Tribe fosse perfetto per noi: una vera tribù che si muove insieme, a ritmo, cantando, ballando, emozionandosi.
Oggi da il nome alla nostra scuola di musica di Napoli.

Come nasce il nome Sound Tribe

Nella musica moderna la coordinazione motoria, la velocità di reazione, l’elasticità fisica e mentale sono alcuni degli elementi necessari al gesto musicale di successo.
Nell’era della tecnologia, per un uomo che vive diversamente il proprio corpo bisogna trovare nuove soluzioni per essere più consapevoli e più liberi di esprimersi attraverso l’integrazione di quante più parti di sé è possibile. Non bastano esercizi e metodi ma è urgente e necessaria una riconsiderazione più ampia del funzionamento dell’uomo di oggi che usa come linguaggio espressivo la musica moderna.
Da ex sportiva so che per imparare ad abitare il corpo è necessario fare esperienza del movimento per acquisire il senso delle parti implicate, riacquistando una buona coordinazione motoria.
È importante fare tutto in movimento, non uno qualunque, ma quello necessario perché più utile.
Allenare capacità però non significa addestrare e per poter intervenire in tal senso, in principio ho seguito innanzitutto le mie intuizioni. Mi sono dedicata all’approfondimento di tecniche corporee prese in prestito dalle arti marziali, da ex sportiva, e in breve ho attinto da molte altre discipline, capoeira compresa, per poter riaccendere la macchina-corpo dei giovani musicisti.
Utilizzando il movimento sempre combinato con il respiro, aumentando la coordinazione tra il corpo e la voce, la body percussion, il canto e le percussioni, i movimenti diventano più armonici anche solo nel semplice atto di camminare.
Anche la mente è più aperta all’immaginazione sonora e nella competizione giocosa si acquista il coraggio di emettere suoni e versi che in altro modo non sarebbe stato possibile realizzare.
Spesso è proprio il fattore ludico che sveglia l’attenzione dei ragazzi che, nel gioco, perdono il senso della stanchezza sia fisica che cognitiva e lavorano meglio e per più tempo.
Un vero successo insomma.
Gli schemi motori combinati tra il movimento e la staticità di fatto inducono un grande incremento di propriocezione che è fondamentale per aumentare le capacità coordinative speciali di ha bisogno, indipendentemente dallo strumento scelto. Nella competizione scatenata dalle difficoltà da me proposte con gli esercizi di coordinazione, i ragazzi attingono a tutte le risorse possibili e, abbandonando le abitudini, si attivano nella ricerca di soluzioni creative.
Generalmente dopo poco tempo pensano al proprio corpo in modo differente.
Rendendo la lezione un contenitore di giochi e di gare si hanno risultati e miglioramenti davvero apprezzabili.
I primi tempi in cui ho proposto questi lavori molti studenti erano alquanto straniti da questa modalità di lezione proposta utilizzando appellativi come ‘l’ora di motricità’ o di ‘educazione motoria musicale’ o addirittura di ‘rieducazione al ritmo’.
A mio parere i ragazzi avevano la necessità di connotare quello strano allenamento cercando una definizione specifica. Credo che sentissero la necessità di dare una dignità di allenamento musicale perché gli sembrava che quella lezione uscisse troppo fuori dagli schemi dai percorsi di studio in vigore.
Questo non gli consentiva di condividere quella esperienza al di fuori dell’aula.
Le parole sono delle etichette che hanno il potere di cambiare la percezione delle cose ed ho pensato che il nome di  fosse perfetto per noi: come una vera tribù che si muove a ritmo, canta, balla
Nel tempo gli esercizi si sono complicati e maggiormente definiti per livelli di esecuzione e per difficoltà, dai tempi pari siamo passati ad organizzarci su quelli dispari, cantando battendo le mani, fisicizzando le varie clavi, arrivando a farlo tutti insieme a varie velocità.
Era inevitabile che arrivassimo a muoverci tutti insieme cantando liberamente.
A volte è una sola vocale ad essere utilizzata, altre volte solo numeri in varie lingue, altre volte si passa dalla libera sonorizzazione su una griglia ritmica, fino ad arrivare all’armonizzazione vocale di brani piuttosto complessi tra quelli del repertorio del Contemporary Gospel.
Oggi il Sound Tribe è uno dei momenti più attesi dagli studenti.

 

Accompagnare gli allievi che, passo dopo passo prendono confidenza con la loro voce, scoprono la bellezza e l’unicità del proprio strumento, è una cosa che non cambierei con niente altro al mondo.
“Non canto perché sono felice, sono felice perché canto”.
Ogni giorno quando insegno sono circondata da persone estremamente felici.

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