Metti insieme in una stanza 3 insegnanti di canto e avrai 4 opinioni diverse

i segreti tecnico vocali

ImmagineBlogFeaturedEsempio3

“Le tecniche vocali basate sul controllo muscolare diretto non sono che un sogno generato da un equivoco: aver creduto alla lettera alle metafore meccanicistiche, scambiandole per spiegazione delle cause reali del fenomeno, che, non dimentichiamo, obiettivamente non è creato da un meccanismo, ma, come minimo, da un organismo.” 

L’interessante contributo reso alla didattica della voce dal metodo VoiceCraft è stato quello di creare una terminologia didattica comune, un vocabolario condiviso riferito ai meccanismi di funzionamento muscolare della laringe nella produzione di qualità sonore. Tuttavia, è importante chiarire che il metodo Estill VoiceCraft, redatto da Joe Estill alla fine della sua lunga carriera di cantante, fu da lei ideato come metodo di supporto foniatrico per pazienti colpiti da gravi forme di disfonia. Probabilmente è per questo motivo che l’ideatrice del metodo decise di partire dall’idea di figure dette “obbligatorie” che, attraverso l’uso delle mani, schematizzassero i movimenti dei muscoli della laringe e del tratto vocale. La prima delle tre fasi o aspetti in cui si articola l’esperienza del canto, è il ‘craft’, cioè il “fare”. In questo concordo in pieno con Joe Estill.  “Anche i bambini sanno però che nessun ‘artigiano-artista’ della storia, sia questo Cellini o Farinelli, ha mai basato la propria abilità, manuale o vocale, sulla minima conoscenza delle proprie mani o delle proprie corde vocali, di cui anzi avrà ignorato beatamente l’esistenza, e che a nessun pianista si richiede la conoscenza anatomica dei muscoli delle proprie mani e neppure l’iscrizione a un corso per accordatori.” 

Non posso che essere in accordo pieno con l’affermazione del maestro Antonio Juvarra. Ritengo che dovremmo comprendere meglio la differenza tra un metodo di supporto foniatrico e una didattica funzionale al canto. Come spesso affermava Elisa Turlà: “il VoiceCraft non è un metodo per insegnare l’arte del canto, ma fornisce strumenti utili al didatta per comprendere meglio i movimenti e le posizioni delle parti implicate nell’emissione di un certo tipo di suono. Conoscendo la fisiologia si può indurre il movimento più funzionale, ad un allievo, nella produzione di qualità sonore. A dimostrazione di ciò, tutti i maestri della mia visione didattica hanno appreso queste informazioni direttamente da Elisa a cui si deve l’unico vocabolario condiviso nella didattica del canto moderno italiano.”

 Questo è un aspetto molto costruttivo all’interno del mondo della voce artistica ma per me andrebbe affrontato dal verso giusto. Avrà senso parlare di nomi attribuiti a delle qualità sonore solo nel momento in cui l’insegnante sarà riuscito a costruire nell’allievo un’esperienza propriocettiva per ognuno di quei nomi. Questa esperienza passa attraverso le capacità di conoscenza del proprio strumento voce da parte dell’insegnante, attraverso la sua sensibilità propriocettiva e percettiva e attraverso la capacità di far nascere nell’allievo il senso della voce. La poca sensibilità propriocettiva da parte dell’allievo, a volte anche da parte del maestro, e l’uso di “figure obbligatorie” crea nel nostro impianto immaginativo l’esistenza di limiti e di rigidità che in breve tempo si tradurranno in rigidità muscolari e atteggiamenti di chiusura sfinterica. 

Queste qualità non sono intese, da parte di alcuni studenti, come aree che si intersecano e influenzano a vicenda. Sono più spesso viste come schemi rigidi e immutabili senz’altro utili per chi soffre di gravi forme di disfonia, ma vere trappole per chi fruisce della didattica del canto moderno, che sia allievo o maestro. 

Lo studio della tecnica strumentale ha l’obbligo di rendere facile ciò che è complesso.

Nel caso della musica moderna, il fine è quello di fare musica con la voce.

Se nella musica classica l’orchestra e i musicisti suonano per il cantante, nella musica moderna, di contro, tutti suonano insieme in un dialogo collettivo che, per questo motivo, si definisce Interplay.  Il training più complesso è quello mirato a sviluppare una mente musicale in cui le capacità tecniche sono il mezzo con cui esplicitare la propria immaginazione nel dialogo con gli altri strumentisti.

Condividi l'articolo sui tuoi social

Share on facebook
Share on linkedin

Commenta l'articolo su facebook o instagram

Articoli correlati